Archive for febbraio, 2016

27 febbraio 2016

“Scusate, io molto male alle gambe”

Così disse, alla fine del suo ultimo concerto a Milano (credo fosse il 1985) per giustificare l’assenza di bis.

Che io sappia, non c’è stato maggior interprete bachiano. Sicuramente non fra quelli registrati.

20 febbraio 2016

Vite parallele

Nel trattare insieme i “soli” per violino e quelli per violoncello, nell’ambito del suo “Bach” (Mondadori, 1985), Piero Buscaroli osserva che essisegnano la comparsa di una forma e di un linguaggio, di un maestro e di un momento senza paragoni. Nessuno dei massimi maestri dopo Bach pensò a imitarne l’esempio”.
Più avanti, incontriamo un brano di esegesi musicale all’altezza (quasi) dell’oggetto a cui si riferisce:

Nulla, nell’intera opera di Bach, è più ‘barocco’, nello spirito, di questi pezzi, in cui la musica fa sua l’essenza figurativa di un’età che, rifiutando i confini tra i generi e le arti, assegna alla prospettiva, con l’illusione, la reale apparenza degli ordini. Sentimento dell’essere e vertigine del divenire si svolgono in continuità implacabile
L’esecutore deve sapere indicare al tempo stesso, col suo arco, la luminosità dell’indicazione lineare o la penombra della virtualità suggerita. Nell’Andante della Sonata in la minore per violino, le note del basso creano l’illusione di un colonnato senza fine. Così nel preludio dell’ultima Suite in re maggiore, per violoncello, dove il registro è spinto nelle chiavi di contralto, e di soprano, e la polifonia latente si attua in una serie di memorie differite, di rimandi e di echi sulla distanza, tra frasi omogenee di dodici note ciascuna, dall’identico disegno, ciascuno occupante un’intera battuta, ritornanti un centinaio di volte: l’alternarsi con cui il violoncello risponde a se stesso sul piano armonico e tonale da un lato, e, dall’altro, i rimandi dei gravi e degli acuti, traggono da queste dodici centinaia di note uno spessore architettonico che, per essere un’illusione si impone con una realtà sbalorditiva. Non è solo facciata, è un corpo completo, provvisto di profondità e di volume, di chiari e di scuri, di presenza e di sogno.

Piero Buscaroli, coetaneo all’incirca di Umberto Eco, è morto qualche giorno fa nella sua casa di Imola.

17 febbraio 2016

Non era difficile

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Il ponte di Calatrava a Venezia ha un’ovovia per disabili, del costo di oltre 3 milioni, che non funziona. Fatalità? No, stupidità e, forse, cose meno confessabili.
Il fatto è emblematico di come non funzionano le cose, in particolare nelle amministrazioni comunali. Ma è soprattutto emblematico di come, specie in tema di lavori pubblici, occorra essere preveggenti. Oggi l’alternativa è: spendere ancora o smantellare. Ma al tempo in cui si decise la spesa, l’alternativa era: uso il buon senso o mi metto a ponte solo perché un’associazione di disabili fa la voce grossa? Si noti che la seconda alternativa è espressa in modo bonario, perché quando ci sono di mezzo gli appalti pubblici è sempre lecito sospettare.
Come esempio di buon senso e preveggenza, sono forse impudico, ma suggerisco questo.

9 febbraio 2016

Ma il migliore era il fagottista

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L’ultima volta che ho ascoltato Emanuel Ax dal vivo, aveva i capelli neri. Per dire che non l’ho frequentato molto, e, riascoltandolo stasera a S.Cecilia, non sono stato preso da particolari rimorsi. La mia idea è che si tratti di un dignitoso ma piatto mestierante, oltre a tutto più adatto a sonorità e aure impressionistiche che a quelle classiche e romantiche. Il secondo concerto di Beethoven ha senza dubbio interpreti migliori, pur nel non brillantissimo panorama di questo scorcio di secolo. Se poi aggiungete la sfortuna di un direttore fuori ruolo, la somma vi darà la minestrina sonora ascoltata all’Auditorium di Roma. Particolarmente poco felice il secondo movimento, nel quale i due hanno, per usare una terminologia calcistica, fatto melina, con imbarazzanti cali di tensione che non si sa se attribuire al direttore o al solista, visto che l’orchestra è sempre la stessa, cioè buona. Non male il bis, un valzer chopiniano chiaramente di repertorio.

Venendo al direttore, di nome Pablo Heras-Casado, si tratta di giovane spagnolo a me finora non noto. Ha cominciato con una Sinfonia Classica (Prokofiev) di singolare rozzezza. Impreciso, non selettivo, con gli archi che emettevano suoni aspri. Ma il peggio è la gestualità: dirige come dirigerebbe un qualsiasi dilettante davanti al suo stereo. Avete mai provato? Io lo faccio spesso, d’istinto. Il problema, se si è sul podio, è che dovrebbe essere l’orchestra a seguire voi, non voi a dimenarvi come foste in discoteca. E infatti non lo seguivano. Il terzo movimento aveva degli strappi come fosse stato Alexander Nevsky, il quarto è finito in confusione. Questo direttore non usa la bacchetta, e a mio parere dovrebbe. Ha lo spartito davanti, ma dirige a orecchio, salvo recuperare comicamente il segno, sfogliando furiosamente quattro o cinque pagine.

Dopo avere accompagnato Ax nel secondo concerto, Pablo è andato in pausa. Al rientro, ha ficcato nel programma Le Creature di Prometeo, e Dio sa perché. Ultimata questa inutile fatica, ha attaccato la Nona di Shostakovic. A quel punto mi aspettavo il peggio, e invece è andata abbastanza bene. Il merito è, a mio parere, dell’orchestra, e in particolare degli strumenti a fiato. La Nona ha brani solistici molto accattivanti, e Santa Cecilia ha i solisti per questo. Segnalo il fagottista Andrea Zucco, ritratto nell’immagine qui sopra.

6 febbraio 2016

Santa Lilli

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Visti, nello stesso giorno, San Pio e Lilli Gruber. Mi domando chi ne abbia di più, fra silicone e botulino. Anche quanto a verve, è una bella gara.