Sostiene Emmanuelle
- Corriere della Sera
- 18 Oct 2022
- di Massimo Gramellini
Mio marito non aveva bisogno di stuprare perché c’era la fila di donne che volevano andare a letto con lui, dichiara in tv Emmanuelle Seigner, moglie dell’incontenibile Roman Polanski. Davvero le parole non pesano più nulla. Finora «stupro» indicava un atto sessuale imposto con la forza ad altra persona non consenziente, ma adesso, grazie alla signora Seigner, sappiamo che la violenza è tale solo se chi la esercita non piace alle donne. Se invece si tratta di un regista famoso, che assegnando a un’attrice la parte della protagonista di un suo film è in grado di cambiarle il destino, lo stupro viene demansionato a slancio altruistico. C’era la fila fuori, capite? Il problema, Seigner, è che il potere ha sempre la fila fuori. La facilità nel riuscire a ottenere qualcosa non rende meno responsabile chi se la prende. E quando lo usi per approfittarti di una posizione di vantaggio, il potere stesso diventa una forma di violenza.
Immagino che la signora, nel suo desiderio umanamente comprensibile di assolvere il marito (cioè sé stessa per averlo sposato), volesse dire che Polanski non aveva bisogno di chiedere ciò che gli veniva offerto gratis. Però, così facendo, compie la solita capriola dialettica di rovesciare sulle donne la responsabilità dell’accaduto. La prima di costoro aveva tredici anni, ma Seigner ha spiegato che a quel tempo le lolite venivano celebrate. Capito? Cerca di far passare noi per bigotti, pur di non far passare qualcun altro per colpevole.
Dopo lo sdoganamento dei nazisti (se sono buoni), non ci si attendeva un ritorno di severità del Gramellini. In effetti, richiedere prestazioni sessuali in cambio di scritture non è cosa bella, ma assomiglia più a un ricatto che a uno stupro. Se poi dovessimo stare a quello che dice la moglie di Polanski, si tratterebbe di qualcosa di sollecitato spontaneamente dalle signore, sia pure non per amore, e quindi stupro proprio no.
Si vorrebbe far presente al moralista a giorni alterni che allora tutte le signore (e i signori) che praticano la più antica professione potrebbero, pur avendo gioiosamente incassato il compenso, denunciare per stupro il cliente. Anzi, poiché si suppone che il reato sia perseguibile d’ufficio, basterebbe la denuncia delatoria di un vicino di casa.
Non vorrei poi farci la figura del saputello, ma c’è un passo molto conosciuto di tal Lev Tolstoj, nel quale anche la seduzione del maschio a scopo matrimoniale, se di successo, viene assimilata alla prostituzione: “Non c’è alcuna differenza. A un esame oggettivo si può solo dire che quelle che si prostituiscono per brevi periodi sono di solito disprezzate, e quelle che si prostituiscono più a lungo sono invece riverite”. A seguire Gramellini, ne deriverebbe che ogni marito è uno stupratore.
In attesa di conoscere la sorte degli amanti e dell’occasionale idraulico seduttore, vorrei umilmente far notare a Gramellini che quello di cui parla lui è la raccomandazione. Cosa assai brutta, anzi, a mio parere, il mattone elementare della corruzione. La raccomandazione ha sempre un corrispettivo, immediato o futuro (se è futuro, si traduce in condizione debitoria per il ricevente il favore). Che il corrispettivo sia sessuale o di diversa natura, importa a mio parere assai poco. Mi piacerebbe sapere se Gramellini è al corrente di casi di raccomandazione con corrispettivo non sessuale, e se li ha denunciati.
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