Ma quand’è che uno si sente vecchio? Va bene, ci sono le performance fisiche. Uno prima aveva resistenza, poi non ce l’ha più. Non mi perderò in esempi.
Nel campo professionale, invece, si tratta di fatti, ma anche di percezioni. Partiamo dai fatti. Un tizio, a fine ottocento, faceva il maniscalco. Passano 20 anni, e si accorge che il lavoro scarseggia. Si tratta di un cambiamento oggettivo. Idem per le dattilografe (sì, erano tutte donne). Fino a 30 anni fa, una brava era richiestissima. Poi, quasi di punto in bianco, nessuno ha più avuto bisogno di dattilografe. E’ chiaro che un maniscalco cinquantenne, e una dattilografa cinquantenne, si saranno sentiti vecchi, anche se dal punto di vista tecnico erano al culmine delle loro capacità professionali.
Le conoscenze sono anche loro una spia significativa, e qui si va sulle percezioni. Per esempio, io so per certo di avere ottime conoscenze di organizzazione aziendale. Dentro all’organizzazione ci sono i ruoli e le figure professionali. Non voglio essere noioso: dirò, a titolo esemplificativo, che un capo reparto di acciaieria è un esperto di colata continua , e un direttore del personale è un esperto di gestione delle risorse umane. Poi magari ci sono professioni nuove: l’esempio più classico è il mecatronico, oppure l’esperto di robotica.
E va bene. Uno si adegua. Ma poi appare all’orizzonte il chief evangelist. Vuol dire evangelista in capo. Nulla a che vedere con la religione, beninteso. Bene, io mi sento vecchio, ma di quei vecchi astiosi, che stendono il bastone dalla panchina, per far inciampare un giovane chief evangelist. O anche un junior evangelist, se è lui che passa.
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