Mi è già capitato di dire che è un piacere ascoltare l’orchestra di Santa Cecilia. E Anthony Pappano è quanto di meglio si trovi oggi in Italia. All’Auditorium di Roma, la pompieristica overture dalla Dinorah di Meyerbeer è stata resa con suoni sgargianti e attenzione agli strumenti a fiato. Miglior vestito non si poteva, compatibilmente con la qualità del tessuto. Molto più bella la sinfonia n.3 per organo di Camille Saint-Saëns, resa con bravura (nel senso tecnico della direzione). In mezzo, c’era il molto noto ed eseguito terzo concerto per piano di Prokofiev. Su di esso si è abbattuto –non so se invitato- un giovane energumeno, verosimilmente esperto di arti marziali, che ha maltrattato un pianoforte a coda con atti di mostruoso virtuosismo, alternati a esibizionismi da stadio. Il giovane energumeno può andare alla velocità che desidera, ma è costituzionalmente incapace di staccare una nota dall’altra, il che, se ci pensate, sarebbe nel carattere di uno strumento come il piano. Di conseguenza, manca dei forte e dei fortissimo, per cui, nel bailamme dell’orchestra, il piano risultava come un indistinto e fastidioso rumore di fondo. Si deve aggiungere che il ragazzo –di nome Lang Lang- è totalmente incapace di espressione. Lui traduce in musica l’atmosfera dei fiori di pesco che si vedono rappresentati sui muri dei ristoranti cinesi. E’ il miglior pollo della batteria: mi figuro che i conservatori cinesi, come le palestre, infornino migliaia di potenziali atleti, per sfornare solo i più bravi, cioè i più veloci.
Successo travolgente, con esultanza da attaccante che ha fatto goal. Pugni al cielo, abbracci e pollici in alto, rivolti, chissà perché, all’incolpevole cameraman.
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