All’Auditorium di Milano, concerto diretto da Jader Bignamini. Ho già scritto sull’involuzione dell’orchestra, che sente la lontananza di Riccardo Chailly. Gli archi sono imprecisi e sciatti. Un po’ meglio, a sorpresa, i fiati. Ottoni e percussioni come te li aspetti in un’orchestra italiana, e non è un complimento. Maestro in trance…viene da dire: agonistica. Questo per Rossini e Respighi. Una noia mortale.
Per Paganini, c’è Francesca Dego. Che sia una virtuosa, è indubbio. Ha in mano un Guarneri piuttosto piccolo, con un cantino assai bello. Questo per dire che, quanto a strumento, non può lamentarsi. Ma il suono che ne cava non va bene. Difetti sensibili di intonazione, lungo tutto il Concerto n.1 e due bis, pure paganiniani. Quello che mi disturba, però, è l’incapacità di generare volume, e quindi di agire sulla dinamica. Sarà che uno ha nell’orecchio Heifetz, Stern e Milstein.
Paragoni ingenerosi. Ma il pubblico è entusiasta. E’ giovane, bella, bionda e lecchese.
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