Archive for marzo, 2023

31 marzo 2023

Andrea Zhok

BELLUM OMNIUM CONTRA OMNES

L’incriminazione di Donald Trump è un segno, uno dei molti e sempre più frequenti segni, della fase terminale, dissolutiva delle liberaldemocrazie occidentali.

E’ evidente a chiunque voglia vedere che l’incriminazione è un tentativo di utilizzare l’apparato statale americano per sgombrare il campo da un candidato alle prossime presidenziali, candidato ingombrante e scarsamente controllabile. Ma più importante di questa valutazione soggettiva è il fatto che questa lettura dei fatti è generalmente accettata all’interno degli stessi USA, dove davvero pochi credono che la fattispecie legale sia qualcosa di diverso da una scusa.

La verità è che nella cultura pragmatica e utilitarista statunitense (e oramai generalmente occidentale) c’è spazio soltanto per rapporti di forza e di interesse, e che questi da tempo vengono stancamente travestiti da funzionamento formale delle istituzioni. E la popolazione media percepisce in misura crescente precisamente questa dinamica – intrinsecamente falsa e falsificante – esprimendosi per lo più con la semplice disaffezione alle urne, talvolta con proteste che costeggiano la guerra civile.

Sin dalla sua origine storica nella cultura di matrice liberale convivevano due istanze distinte e potenzialmente divergenti.

Da un lato un’idea di razionalità universalistica, associata ad un modello procedurale, formale, legalistico dei processi democratici, e dall’altro un’idea competitivistica, conflittuale, della società, associata ai meccanismi di mercato. L’illusione in cui ci si è pasciuti per un relativamente lungo periodo (la storia delle liberaldemocrazie è di per sé breve) era di potersi affidare all’autonomo funzionamento dei meccanismi procedurali senza appellarsi a niente di simile ad un Ethos comune, ed immaginando che la “legge”, i “diritti”, le “istituzioni”, ecc. fossero una sorta di corpo sociale separato, e che mentre nel resto della società vigeva una lotta (economica) generalizzata di tutti contro tutti comunque la garanzia delle forme potesse preservarsi intoccata.

Ciò non è mai stato vero, ma per un paio di generazioni si è potuto sfruttuare il capitale umano (e morale) costruito in epoche precedenti, senza giungere alle estreme conseguenze.

Ma ora gli esiti ultimi di questa dinamica sono sempre più davanti agli occhi di tutti.

Classi dirigenti nate e cresciute in un’atmosfera culturale hobbesiana e “machiavellica”, dove vale tutto purché gli interessi della propria oligarchia di riferimento siano tutelati, hanno perso oramai ogni tipo di scrupolo e pudore. Le “istituzioni”, le “leggi”, i “diritti umani” vengono usati come mazze e martelli liberamente manipolabili per frantumare gli oppositori e portare avanti le proprie agende.

(Giusto ieri il procuratore generale della Louisiana Jeff Landry spiegava in audizione pubblica come l’FBI avesse fatto pressioni su YouTube, Facebook, Twitter, TikTok e YouTube per rimuovere o bloccare contenuti politicamente sgraditi – specificamente nell’ambito della pandemia, ma nella stessa lina è la chiusura dello stesso account Twitter di Trump, due anni or sono.)

La violenza sociale di cui è pervasa la società americana (e che è arrivata anche in Europa) esprime nel modo più elementare il messaggio che la cultura egemone ribadisce h24, sia pure in forme imbellettate: le cose sono di chi ha la forza di prendersele e il mondo è diviso tra i vincenti, che questa forza ce l’hanno, e i perdenti (la maggoranza di chi subisce).

Volendo riassumere con un singolo tratto di pennello la parabola delle liberaldemocrazie occidentali (USA in primis) potremmo dire questo.

Esse hanno proceduto per diverse generazioni ad una sistematica erosione di ogni valore, ogni identità, ogni tradizione, ogni elemento che potesse conferire solidità ed orientamento morale. Ma questo processo di liquefazione andava di pari passo con una dinamizzazione della vecchia società, tale per cui gli spazi di negoziabilità, di commercio, di transazione economica si estendevano progressivamente: gli spazi di ciò che poteva essere comprato e venduto si ampliavano continuamente, e così la competizione per comprare e vendere al meglio. Perciò il meccanismo complessivo appariva in questa forma: una società sempre più mobile, liquida e provvisoria in cui simultaneamente aumentava la disponibilità monetaria media e lo spazio di ciò che era disponibile sul mercato.

Lo “scambio culturale” avvenuto nelle liberaldemocrazie, scambio tacitamente percepito e come tale introiettato, è stato tra una riduzione delle certezze e delle basi etiche ed un aumento del potere d’acquisto e dell’offerta di mercato. Finché si poteva mantenere la promessa, almeno potenziale, di una diffusa fase incrementale sul piano economico ciò che veniva perduto non sembrava inestimabile. Questo perché società ricche avevano molti modi per disinnescare l’incremento di conflittualità e la perdita di radici e fondamenta. Ma ora che la fase di crescita è da tempo stagnante e che non promette di riprendersi più (non a livello di massa) le liberaldemocrazie di ritrovano di fronte al deserto che hanno creato.

Ciò che abbiamo culturalmente distrutto (e che continuiamo quotidianamente a distruggere) era, nel bene e nel male, il frutto di un compromesso secolare, quando non millenario: forme di mediazione tra credenze, conoscenze, valori, che avevano tessuto (a modo proprio) ciascuna società e che permettevano uno sviluppo comparativamente lento, ma accettabilmente equilibrato.

Tutto questo è stato disgregato e screditato, lasciando liberi gli spiriti animali del conflitto e dell’autoreferenzialità.

Ora che la promessa di una valvola di sfogo acquistabile sul mercato si allontana per i più, non c’è più quasi niente su cui ricadere. Tutte le forze del conflitto, della competizione, della distruzione sono state messe in moto ed esacerbate. A tenere insieme la società sono, da un lato, lo strascico residuale delle vecchie illusioni (le chiacchiere liberaldemocratiche sullo “stato di diritto” e la “società aperta”), e dall’altro la mancanza di alternative culturalmente disponibili. Questo frena i processi degenerativi, ma non può né invertirli né correggerli.

Il compito, di difficoltà immensa, che abbiamo davanti come generazione è quello di tentar di ricostruire quelle alternative culturali alla dissoluzione liberaldemocratica in corso, senza di cui ad attenderci c’è solo un infinito avvitamento nel caos.

31 marzo 2023

[…]

29 marzo 2023

No alla logica

Qui non si tratta di dare ragione o dare torto. Si tratta di determinare quali siano le basi indispensabili per poter discutere di un qualsiasi argomento.

Se uno mi dice che l’agenda del governo è piena di cose non urgenti, e poi pensa di dimostrarmelo elencando le cose a cui il governo dice no, significa che quel signore ha confuso l’agenda del governo con quella dell’opposizione. Sta anche, senza accorgersene, dicendo che l’opposizione si occuupa di cazzate.

Poi risale a generalizzazioni davvero curiose, perché accusa il governo di non essere sufficientemente liberista e filocapitalista, ossia di destra, in quanto nega all’opposizione (di sinistra) le sue richieste liberiste e filocapitaliste.

In conclusione: non si potrebbe applicare un po’ di logica in giro per i social network? Magari essere in mala fede, ma con un po’ di logica?

Forse è chiedere troppo.

26 marzo 2023

(…)

Su La Stampa di oggi c’è questo chilometrico articolo del direttore. La Stampa sta verso le 90.000 copie, comprese quelle omaggio, ossia un buon 70% in meno rispetto a qualche anno fa. L’editore, John Elkann, ha dichiarato che se ne vuole disfare, unitamente a tutte le altre testate della GEDI, purché si trovi un compratore. Il comitato di redazione ha risposto: «La logica del vantaggio economico si è rapidamente sostituita a quella dell’interesse per i territori, il presidio informativo di questi, il valore sociale dell’informazione per la quale tutti i giornalisti lavorano quotidianamente anche affrontando da tempo sfide e incognite di una non facile transizione digitale. Non possiamo accettare che tutto l’impegno profuso in questi anni di lavoro sia oggi messo sul mercato con tanta leggerezza. Stupisce e ferisce che la storia delle testate e il loro rapporto con la cronaca, la gente, le imprese sia interessante solo fino a quando non arriva l’offerta giusta per venderlo. Per questa ragione tutte le testate del gruppo, già in stato di agitazione, annunciano iniziative di protesta».

Non è molto chiaro in quale momento la “logica del vantaggio economico” si sarebbe sostituita a tutte quelle altre belle cose. Occorre considerare che, sebbene la Stampa fosse tradizionalmente di proprietà degli Agnelli, era poi passata alla famiglia DeBenedetti, e solo recentemente era tornata all’ovile sabaudo. Perciò, sembrerebbe di capire che un paio di anni fa John Elkann avesse acquisito i suoi giornali con l’intento di tutelare il “valore sociale dell’informazione”, e solo adesso abbia preso in considerazione il “vantaggio economico”. Posso dubitarne?

E va bene, è giusto difendersi. Ma, oggettivamente, parte di questa difesa dovrebbe anche passare per un tentativo di fermare l’emorragia di lettori. Io vorrei capire se Giannini capisce che una cosa come quella mostrata qui sopra non è leggibile, né sotto il profilo politico, né sotto quello della umana sostenibilità. Migliaia di caratteri dedicati a leccare il culo del presidente della repubblica, intendendo però “fare opposizione”. Ma chi li legge? Chi vuole pagare per leggerli?

(Fra parentesi: “uomo della Provvidenza” è una definizione inventata dal Cardinal Gasparri. I giornalisti del regime spandevano saliva, ma non come Giannini)

25 marzo 2023

B.R.

19 marzo 2023

Cairotini

Conosco questa signora solo di nome. Mai mi venne in mente di guardare i suoi programmi televisivi, e tanto meno la leggo dopo che è andata a prendere la paga del sig.Cairo. Ricordo che nel 2013 molti grillini la volevano PDR, e questo dovrebbe bastare. Non voglio fare torto ai miei 25 lettori spiegando perché questo tweet esibito orgogliosamente, quale distillato di un servizio giornalistico, è una enorme cazzata. Dirò, generalizzando, che i fessi sono nutriti a percentuali dai media, e specialmente dai sondaggisti. Dopo anni di questo trattamento, è solo naturale che non si riesca più a distinguere il 15% di un universo dal 15% di un altro universo.
Io però lo stipendio non glielo pagherei.

16 marzo 2023

Da noi c’erano Leonardo e Michelangelo

Allo spirare del secolo scorso, al ristorante con colleghi spagnoli. Per la prima volta, sono colpito dall’effige sulla banconota. Un asesino! Esclamo. Gelo intorno al tavolo. Poi ho girato la banconota, e a quel punto ho deciso di pagare senza ulteriori commenti.

15 marzo 2023

Insults (2)

https://freebeacon.com/campus/student-activists-target-stanford-law-school-dean-in-revolt-over-her-apology/

13 marzo 2023

Insults

These insults are from an era before the English language got boiled down to 4-letter words. Insults then, had some class!

  1. “I am enclosing two tickets to the first night of my new play;
    Bring a friend, if you have one.”
    George Bernard Shaw to Winston Churchill. “Cannot possibly attend first night, I will attend the second…If there is one.”
    • Winston Churchill, in response.
  2. A member of Parliament to Disraeli: “Sir, you will either die on the gallows, or of some unspeakable disease.”
    · “That depends, Sir,” said Disraeli, “whether I embrace your policies or your mistress.”
  3. “He had delusions of adequacy.” – Walter Kerr
  4. “I have never killed a man, but I have read many obituaries with great pleasure.”
    • Clarence Darrow
  5. “He has never been known to use a word that might send a reader to the dictionary.”
    • William Faulkner (about Ernest Hemingway).

6.”Thank you for sending me a copy of your book; I’ll waste no time reading it.”
– Moses Hadas

  1. “I didn’t attend the funeral, but I sent a nice letter saying I approved of it.”
    • Mark Twain
  2. “He has no enemies, but is intensely disliked by his friends..”
    • Oscar Wilde
  3. “I feel so miserable without you; it’s almost like having you here.”
    • Stephen Bishop

10.”He is a self-made man and worships his creator.”
– John Bright

  1. “I’ve just learned about his illness. Let’s hope it’s nothing trivial.”
    • Irvin S. Cobb
  2. “He is not only dull himself; he is the cause of dullness in others.”
    • Samuel Johnson
  3. “He is simply a shiver looking for a spine to run up.”
    • Paul Keating
  4. “In order to avoid being called a flirt, she always yielded easily.”
    • Charles, Count Talleyrand
  5. “He loves nature in spite of what it did to him.”
    • Forrest Tucker
  6. “Why do you sit there looking like an envelope without any address on it?”
    • Mark Twain
  7. “His mother should have thrown him away and kept the stork.”
    • Mae West
  8. “Some cause happiness wherever they go; others, whenever they go.”
    • Oscar Wilde
  9. “He uses statistics as a drunken man uses lamp-posts… For support rather than illumination.”
    • Andrew Lang (1844-1912)
  10. “He has Van Gogh’s ear for music.”
    • Billy Wilder
  11. “I’ve had a perfectly wonderful evening. But this wasn’t it.”
    • Groucho Marx.

22.”He has all the virtues I dislike and none of the vices I admire.”
– Winston Churchill

【PS】

10 marzo 2023

I mestieri che le italiane non vogliono più fare

Questa citazione è presa dal recente libro di Adriano Prosperi (Una rivoluzione passiva, Einaudi). Par di vedere che già mezzo millennio orsono i pescivendoli non godessero di stima sociale. In questo il frate di Carmelo, predicatore alla moda, precorre i pariolini che oggi sprezzano le donne in politica provenienti dalla Garbatella.