Sono sorpreso di trovare concretezza in un articolo di Alesina & Giavazzi. Ma se è la verità, non vedo perché negarla. Non parlo tanto dell’analisi del peso e delle conseguenze del debito giapponese, analisi che soffre di un malediffuso: non voler capire che l’economia monetaria è pura astrazione.
Per quanto riguarda l’Italia, invece, finalmente vedo qualcuno che punta l’attenzione sulla spesa pubblica. La faccenda è di una semplicità assoluta: se spendo 100, devo avere entrate per 100. Se le entrate sono 90, ho 10 di deficit. Chi me li dà? Li prendo a prestito. Costituisco pertanto il debito. Se il debito va restituito oltre l’anno, a fine anno avrò un deficit di 10 e un debito di 10. Ma mentre il deficit riguarda quest’anno e dal 1° gennaio si riparte da zero, il debito rimane e si accumula. Ossia, se l’anno prossimo mi comporto esattamente allo stesso modo, a fine anno avrò sempre 10 di deficit, ma 20 di debito. Uno dice: semplice, inutile dircelo. Ma io lo invito a visionare un qualsiasi talk show televisivo, e annotarsi quante volte gli intervenuti dicono debito al posto di deficit, o viceversa.
Però il fatto cruciale è che la spesa è la variabile indipendente. E’ dalla spesa che origina tutto. In quantità e qualità. Ora, non è un mistero che in Italia ci sono degli sprechi. Questi sprechi sono coperti o dalle tasse, o dall’aumento del debito. Va detto chiaro: non è possibile diminuire le tasse se non si diminuisce la spesa. Ed è immorale diminuire la spesa senza essere selettivi.
Qualcuno, a partire da Keynes, ha detto che il deficit è di stimolo all’economia. Da qui è partita una lunga scia di irresponsabilità. Andiamo al finale della storia: il deficit può esistere solo per finanziare spese emergenziali o investimenti necessari e non procrastinabili. In tutti gli altri casi, le spese non devono essere superiori alle entrate. Come diceva Quintino Sella. E le spese devono rispondere a criteri di efficienza e di efficacia. Non esiste alcuna differenza logica fra la gestione economica dello Stato, di un’azienda privata o di una famiglia. Tanto per riferirci ai dummies, efficienza vuol dire fare il massimo col minimo sforzo. Per esempio, pagare le siringhe il meno possibile. Efficacia, invece, vuol dire rendere il miglior servizio possibile in base alle risorse che si immettono nel sistema. Per restare nella sanità, far morire meno pazienti possibile. Sono i concetti ai quali si sono ispirate le numerose “spending reviews”.
Che fare, allora? Io ho una ricetta semplicissima: si prenda la spending review portata a termine dal sig.Cottarelli, e la si applichi tutta e subito. Si otterrà di salvare il Paese e di tappare la bocca a Cottarelli.
Commenti recenti