Per cominciare, una notazione non marginale. La Dama delle Camelie porta fiori bianchi quando è disponibile, e fiori rossi quando attraversa il periodo mestruale. La distribuzione di fiori rossi voluta dal regista Tcherniakov come promessa di amplesso è, più che mancato rispetto dell’originale, sintomo di ignoranza dell’originale.
La notazione non è marginale perché va al cuore del problema di questa regia: la deliberata non accettazione del tema fondamentale che Verdi volle assegnare all’opera. La Traviata ha come tema melodrammatico la commozione. Fonde la trama dumasiana con una partitura che rappresenta il punto più alto mai raggiunto da un compositore nella traduzione in musica e nella comunicazione all’ascoltatore di sentimenti empatici. E’ ovvio che il libretto da solo non arriverebbe a questo risultato, ma neppure la musica, se non fosse legata alla persona e alla vicenda di Violetta. Bene: se il risultato non è stato raggiunto ieri alla Scala, e le colpe sono, nell’ordine: del regista, del direttore d’orchestra e dell’interprete principale.
Il regista ha la parte preponderante delle responsabilità, non tanto e non solo per le trovate sceniche che hanno attirato l’attenzione degli spettatori (prima fra tutte quella del taglio delle verdure). La colpa della regia è stata di mettere in dubbio che sulla scena si svolga un dramma umano. Lo ha fatto inserendo continui elementi di disturbo nel comportamento dei personaggi, come se questi fossero convinti che si trattasse di farsa e non tragedia. Il dubbio si è comunicato al pubblico, e ha preso forma di nevrosi nelle ultime scene: come se ci si attendesse continuamente che i protagonisti sciogliessero la tensione in una bella risata, un brindisi a base di superalcolici e coca, e via a farsi una sana scopata (ciclo mestruale permettendo). Qui entrano in gioco le colpe degli interpreti musicali: il direttore non solo non ha frenato gli eccessi esibizionistici del regista, ma ha deciso di esibirsi anche lui, varando una edizione basata sulla prima versione dell’opera, e così, per esempio, rovinando il vibrato dei violini che annuncia gli ultimi istanti di Violetta. Anche qui, poco rispetto per il compositore: se Verdi ha cambiato, avrà avuto le sue ragioni. La protagonista non ha fatto niente di male (*), anzi ha fatto tutto molto bene: solo che non è adatta alla parte, specie se aderisce con entusiasmo alle gag suggerite dal regista.
(*) Salvo dimenticarsi l’entrata alla festa di Flora
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