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9 febbraio 2016

Ma il migliore era il fagottista

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L’ultima volta che ho ascoltato Emanuel Ax dal vivo, aveva i capelli neri. Per dire che non l’ho frequentato molto, e, riascoltandolo stasera a S.Cecilia, non sono stato preso da particolari rimorsi. La mia idea è che si tratti di un dignitoso ma piatto mestierante, oltre a tutto più adatto a sonorità e aure impressionistiche che a quelle classiche e romantiche. Il secondo concerto di Beethoven ha senza dubbio interpreti migliori, pur nel non brillantissimo panorama di questo scorcio di secolo. Se poi aggiungete la sfortuna di un direttore fuori ruolo, la somma vi darà la minestrina sonora ascoltata all’Auditorium di Roma. Particolarmente poco felice il secondo movimento, nel quale i due hanno, per usare una terminologia calcistica, fatto melina, con imbarazzanti cali di tensione che non si sa se attribuire al direttore o al solista, visto che l’orchestra è sempre la stessa, cioè buona. Non male il bis, un valzer chopiniano chiaramente di repertorio.

Venendo al direttore, di nome Pablo Heras-Casado, si tratta di giovane spagnolo a me finora non noto. Ha cominciato con una Sinfonia Classica (Prokofiev) di singolare rozzezza. Impreciso, non selettivo, con gli archi che emettevano suoni aspri. Ma il peggio è la gestualità: dirige come dirigerebbe un qualsiasi dilettante davanti al suo stereo. Avete mai provato? Io lo faccio spesso, d’istinto. Il problema, se si è sul podio, è che dovrebbe essere l’orchestra a seguire voi, non voi a dimenarvi come foste in discoteca. E infatti non lo seguivano. Il terzo movimento aveva degli strappi come fosse stato Alexander Nevsky, il quarto è finito in confusione. Questo direttore non usa la bacchetta, e a mio parere dovrebbe. Ha lo spartito davanti, ma dirige a orecchio, salvo recuperare comicamente il segno, sfogliando furiosamente quattro o cinque pagine.

Dopo avere accompagnato Ax nel secondo concerto, Pablo è andato in pausa. Al rientro, ha ficcato nel programma Le Creature di Prometeo, e Dio sa perché. Ultimata questa inutile fatica, ha attaccato la Nona di Shostakovic. A quel punto mi aspettavo il peggio, e invece è andata abbastanza bene. Il merito è, a mio parere, dell’orchestra, e in particolare degli strumenti a fiato. La Nona ha brani solistici molto accattivanti, e Santa Cecilia ha i solisti per questo. Segnalo il fagottista Andrea Zucco, ritratto nell’immagine qui sopra.