Amazon mi propone un libro di Giorgio Pestelli, “Gli immortali. Come comporre una discoteca di musica classica” (Einaudi tascabili, € 13).
Non ho molto da dire sull’autore (soprattutto, non ho molto di buono da dire). Ma per quello che ho da dire sul libro, il titolo basta e avanza.
La musica esiste da migliaia di anni, ma il fenomeno della musica “posseduta” è stato proprio del secolo XX. Non solo riprodotta: posseduta. Quando ero un ragazzo, avevo un catalogo dei dischi in commercio. Passavo ore a leggere il catalogo, tanto che adesso faccio fatica a capacitarmene. Lo scopo era pianificare il possesso, ossia mettere insieme i desideri con le scarse finanze, e quindi mettere in priorità i desideri, scegliendo il “meglio”. Avevo anche un libro –il primo di una lunga serie- tipo quello di Pestelli: era intitolato “Preludio a una discoteca”, ed era scritto da un francese, Roland De Candé. La scelta degli esecutori era influenzat da orgoglio nazionalistico, ma per fortuna il contributo francese all’interpretazione musicale è stato così scarso, nel secolo scorso, che molto danno non poteva fare, per mancanza di materia prima. Però l’altro e più importante versante sul quale si fanno le scelte, ossia quello delle opere, era spia di un gusto eccellente. Sono grato al sig. De Candé, che senza saperlo ha orientato un pezzettino della mia vita intellettuale. Come sono grato a un certo Gabriele De Agostini, musicologo svizzero italiano, autore di una serie radiofonica dal titolo “Interpreti a confronto”. Mai, nei decenni successivi, ho sentito nulla di così appropriato, quasi scientifico.
Successivamente, ho avuto molti cataloghi, e ho acquistato molti dischi, e molti libri di musica, inclusi quasi tutti quelli che davano consigli discografici (*). Con fatica, ho tenuto un catalogo dei miei dischi. Ma tutto questo è finito al girare del secolo. Oggi la musica non si possiede più: stiamo ritornando alla fruizione diretta, con la differenza, rispetto all’era pre-discografica, che la fruizione non è solo dal vivo ma anche sui brani riprodotti. Non deve ingannare il fatto che, pur scaricata da internet, la musica sia spesso a pagamento. L’elemento di “possesso” non era dato dall’acquisto, ma dalla fruizione privilegiata: dove il privilegiato non era tanto il possessore, ma l’esecutore che avrebbe forgiato l’orecchio del possessore su una certa interpretazione di quel tal brano. Tanto che, come si è qui detto di recente, si verificava un fenomeno di inversione nel giudizio: la musica registrata faceva premio, nell’orecchio dell’ascoltatore, su quella ascoltata “occasionalmente” in una sala da concerti. I tempi, le dinamiche, il tocco, tutte le componenti interpretative venivano inconsciamente accostati a quelli dell’esecuzione “ideale”, che poi era quella posseduta dall’ascoltatore.
Oggi tutto questo è passato. Personalmente, mi sfiora il problema di cosa succederà dei miei dischi dopo la mia dipartita. Tuttavia, gli aspetti positivi sono di gran lunga prevalenti: confronti come quello che ho esposto qui sotto, fra 5 interpretazioni di un passo del Götterdämmerung, sono accessibili in qualunque momento e gratuitamente. Stiamo tornando quindi alla fruizione diretta, non mediata dal possesso, e senza edizioni di riferimento. Naturalmente, nessuno potrà mai occultare la differenza fra Carlos Kleiber e Simon Rattle: ma la difficoltà nell’occultarla deriva proprio dalla facilità e gratuità del confronto.
In un contesto del genere, che ce ne facciamo di un libro che ci racconta “Come comporre una discoteca di musica classica”? Niente: non ce ne facciamo proprio niente.
(*) Posso citare l’ultimo, un interessante e divertente catalogo di valutazioni anticonformiste: Jim Svejda, The insider’s guide to classical recordings, 1999.
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