Archive for Maggio, 2021

30 Maggio 2021

La filosofia politica del Top… pardon, di Travaglio: i politici sono colpevoli anche se assolti, anzi: basta che siano sospettati. A meno che non siano la Raggi.

Sindrome di Stoccolma

  • Il Fatto Quotidiano
  • 30 May 2021
  • » Marco Travaglio

Qualche specialista prima o poi indagherà sulla sindrome di Stoccolma che ha colpito i 5Stelle alla caduta di Conte. La forma più acuta si riscontra in Di Maio, che s’è scusato sul Foglio per aver avuto ragione sull’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti, arrestato nel 2016 per aver truccato una gara d’appalto, minacciato l’ufficiale della Finanza che indagava, cancellato email dal suo pc e infine confessato al gup la turbativa d’asta (“a fin di bene”). Uggetti non si dimise perché glielo chiedevano le opposizioni (M5S e Lega), ma perché nessuno può fare il sindaco dal carcere: infatti, a norma di legge, fu sospeso dal prefetto e poi condannato in primo grado. Ora è stato assolto in appello: la giustizia così ridotta che assolve pure chi confessa. In pratica, il sant’uomo si credeva colpevole e poi, con sua grande sorpresa, ha scoperto di essere innocente. A sua insaputa. Resta da capire di cosa dovesse scusarsi Di Maio e che sia saltato in mente a Conte di lodare il suo autodafé. La Appendino si può capire: ha subìto due condanne in primo grado senz’aver fatto niente. Ma se non si possono più chiedere le dimissioni neppure di un sindaco in galera, che si fa: si riunisce la giunta nell’ora d’aria?

Già che c’era, Di Maio ha pure fatto mea culpa per la campagna contro la ministra Guidi, beccata a veicolare un emendamento pro petrolieri su richiesta dell’ex fidanzato lobbista. Ma la Guidi, neppure indagata, lasciò il Mise non perché glielo chiese Di Maio, ma il premier Renzi. Che ora la dipinge come una vittima dei 5Stelle dopo averla cacciata lui. Il 31 marzo 2016 fece sapere alla stampa che la riteneva “indifendibile”, era “furioso” (“È gravissimo che Federica non ci avesse detto chi fosse e che cosa facesse il fidanzato”) e le aveva chiesto di dimettersi. Cosa di cui si vantò al Tg2: “Il ministro Guidi ha fatto un errore. Non c’è niente di illecito ma ha fatto un errore e ne va preso atto. In Italia adesso chi sbaglia va a casa”. E nella sua newsletter:

“Quando l’emendamento è stato formalmente presentato, il ministro l’ha comunicato in anticipo al suo compagno, che si è scoperto poi essere interessato al business. Così facendo Federica Guidi ha compiuto un errore e giustamente ha deciso subito di dare le dimissioni, per evidenti ragioni di opportunità”. Che avrebbe dovuto fare un movimento legalitario di opposizione: difendere una ministra cacciata dal premier? Se qualcuno, in altre occasioni, ha esagerato con toni fuori luogo e parole fuori posto, ledendo la dignità personale di indagati o arrestati, si scusi pure. Purché non dimentichi i fatti: l’unica bussola che deve orientare un politico sulla questione morale (da non confondere con quella penale).

Chi è raggiunto da prove schiaccianti o convincenti su fatti gravi e incompatibili con una carica pubblica (“disciplina e onore”) deve farsi da parte, sia che sia indagato sia che non lo sia, e se quei fatti alla fine vengono confermati deve lasciare la politica. Anche se viene assolto (o peggio ancora prescritto). Chi invece è sottoposto a indagine o a giudizio per fatti controversi o compatibili con la disciplina e l’onore, resta al suo posto fino al definitivo chiarimento. Ma il “primato della politica” non è delegare le decisioni ai giudici (visto, fra l’altro, come sono ridotti). Ogni leader deve esaminare i fatti, affidarsi a un collegio di probiviri autorevoli, dotarsi di un codice etico rigoroso e trasparente, prendere una decisione, assumersene la responsabilità e farla giudicare dagli elettori. Ora però, viste le fregole dei giornaloni arrapati per il mea culpa dimaiano, attendiamo a pie’ fermo le loro scuse a Virginia Raggi, dipinta come ladra e mignotta a proposito di processi basati sul nulla e finiti infatti nel nulla.

“Il bivio di Raggi: ammettere la bugia col patteggiamento o rischiare il posto”,“l’ultima spinta che avvicina di un’altra spanna la Raggi al suo abisso giudiziario e politico …”( carlo Bo nini, Repubblica ,26.1.17).“La Raggi teme l’arresto” ( Giornale, 27.1.17). “La fatina e la menzogna”, “mesto déjà vu di una stagione lontana, quella di Mani Pulite”,“la Raggi è inseguita dallo schianto dell’ennesimo, miserabile segreto… una polizza sulla vita”, “Romeo ha un legame privato, privatissimo con la Raggi”, “tesoretti segreti e ricatti” ( Rep, 3.2.17). “Spunta la pista dei fondi elettorali”, “Fondi coperti”, “L’ombra dei voti comprati” ( Messaggero , 3.2.17). “La pista che porta alla compravendita di voti”, “Il sospetto di finanziamenti occulti giunti al M5S” (Corriere ,3.2.17).“Come in House of Cards”, “L’accusa di corruzione è vicina” ( Stampa , 3.2.17). “Patata bollente. La sua storia ricorda l’epopea di Berlusconi con le Olgettine” ( Libero, 10.2.17).“L’ affare s’ ingrossa: ‘Romeo e Virginia amanti’” ( Libero , 12.2.17). “Berdini, nuovo audio: loro amanti” ( Stampa , 20.2.17). “Una Forrest Gump con la fama di mantide” ( Verità , 31.3.17). “Al Campidoglio il piacere dell’omertà” ( Rep, 15.7.18). “La Raggi è riunita con i suoi legali per l’ultimo disperato tentativo di salvarsi” ( Sky Tg24, 10.11.18). “La condanna di Raggi”, “E se l’unico modo per sbarrare la strada alla ricandidatura di Virginia Raggi fosse la condanna della sindaca nel processo d’appello?… Di fatto sarebbe l’ unica scappatoia dei rossogialli per togliersi dimezzo( forse) la grill in a ”( Simone Ca nett ieri, Foglio ,2.9.20). Chi comincia? Daje.

26 Maggio 2021

Topo, dove hai incontrato Travaglio? Sul Giornale? Sulla Voce? O sul Borghese?

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22 Maggio 2021

Topo, rompi il salvadanaio e corri in libreria

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C’è pure la prefazione di quella supergnocca della Spinelli.

20 Maggio 2021

Requiem Tedesco diretto da Bruno Walter – 1954

New York Philharmonic, Irmgard Seefried, George London. The Westminster Choir

15 Maggio 2021

Stimola lo sviluppo… del loro conto in banca

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12 Maggio 2021

Chesterton

Probabilmente ce l’aveva con i positivisti, ma va bene adesso per i PC, che non sono i computers, ma i politically correct.

 
9 Maggio 2021

Da “The new class war” di Michael Lind

Questa è la versione italiana di un importante brano già riportato, qualche tempo fa, in lingua originale. Le note sono mie.

La teoria implicita dei neoliberals tecnocratici è che gli Stati Uniti e le altre società occidentali a questo punto sono essenzialmente società senza classi in cui le uniche barriere significative riguardano razza e genere. Le persone al vertice ci sono arrivate solo grazie ai propri sforzi, sulla base delle loro superiori capacità intellettuali o accademiche (*). Molti di questi managers, speculatori finanziari, professionisti, burocrati, funzionari di organizzazioni no-profit e fondazioni, élite dei media e accademici svolgono più o meno lo stesso tipo di lavoro che i loro omologhi professionali facevano mezzo secolo fa, con ovvi adattamenti alle differenze nella tecnologia e nell’organizzazione industriale. Ma noi dovremmo credere che non siano solo manager e professionisti tradizionali, ma invece membri di una nuova “creative class” e di una “digital elite,” i “thinkpreneurs” e i “thought leaders” della nuova “knowledge economy” che vivono in “brain hubs” (per usare solo alcuni dei termini nel lessico dell’autoidolatria della classe eletta). Dal presupposto che una “economia della conoscenza” più o meno meritocratica abbia sostituito il capitalismo manageriale burocratico stratificato di classe, conseguono due tipi di conseguenze sociali. La prima sarebbe costituita da politiche che abbandonano il concetto di classe (“class-neutral”) basandosi invece sulla razza o sul genere, per rimuovere gli ostacoli al progresso delle minoranze razziali e delle donne, comprese le donne bianche native (**). La seconda configura politiche che includono la formazione professionale o la riqualificazione per gli uomini bianchi nativi che non fanno parte delle élites.

(*) Anche il fascismo aveva abolito le classi, inventandosi il sistema corporativo. E anche in quell’ambito, guarda caso, sono fiorite le distinzioni per razza.

(**) termine squisitamente americano per definire l’origine europea, non americana: più ipocrita di così…

7 Maggio 2021

Ippolito Caffi

6 Maggio 2021

Leggi, Topo, quello che dice Sansonetti: certo, non un amico di Travaglio

Perché Piercamillo Davigo è stato ascoltato dal Procuratore di Roma in qualità di testimone, e non di imputato per svariati reati, tipo favoreggiamento, falso per occultamento, omessa denuncia, e forse altro? Cosa si son detti Prestipino e Davigo? Prestipino ha provato a mettere alle strette Davigo, o si è limitato a ringraziarlo per il voto decisivo che lo stesso Davigo diede al Csm e con il quale fu assegnata a Prestipino – sebbene non ne avesse i titoli, secondo il Tar – la procura di Roma? E poi c’è una terza domanda, che è la più inquietante: come mai nell’inchiesta sulla Loggia Ungheria si indaga per il reato di associazione segreta e non di associazione a delinquere?

Associazione segreta è un reato probabilmente inventato per non essere perseguito. Prevede una pena massima di tre anni, e dunque non permette le intercettazioni e nemmeno l’analisi dei tabulati telefonici, cioè gli unici strumenti che oggi vengono usati dai Pm nelle indagini. No-intercettazioni, no-party. Il reato sparisce. E invece, se le dichiarazioni dell’avvocato Amara dovessero essere ritenute credibili, ci troveremmo di fronte a una vera e propria associazione a delinquere finalizzata a reati gravi come corruzione giudiziaria, corruzione, traffico di influenze, turbativa d’asta. E allora si potrebbe ricorrere ampiamente sia alle intercettazioni sia all’analisi dei tabulati telefonici. Con il rischio evidente di trovare riscontri alle accuse di Amara. A chi interessa che l’inchiesta sulla ipotetica Loggia di piazza Ungheria finisca nel nulla? Temo a tutti i vertici della magistratura, ad alcuni ampi settori della politica e ad alcuni giornali molto influenti nei palazzi di Giustizia, come Repubblica e lo stesso giornale di Davigo, cioè Il Fatto Quotidiano.

Diciamo la verità: se non fosse stato per Nino Di Matteo che ha rotto il gioco, tutta questa vicenda delle logge segrete, dei pasticci dentro la magistratura, dei veleni, degli imbrogli, e parallelamente le storie strane dell’ex premier Conte, tutto queste cose qui non le avremmo mai sapute. I migliori campioni della Magistratura Intransigente, e i grandi giornalisti, e i grandi giornali di inchiesta, avevano seppellito tutto sotto la sabbia. Shhh, avevano sibilato. Shhh: omertà.

Non è così? Figuratevi se a me, che di Di Matteo ho sempre parlato, scritto e pensato tutto il male possibile, non costa molto questa ammissione: però è il vero. Non cancello neanche una frazione delle critiche che da anni rivolgo a Di Matteo, e tuttavia bisogna riconoscergli che ha dimostrato di essere una persona onesta e che rispetta la legge e che non guarda in faccia a nessuno. È strano? Non dovrebbe essere strano. Nel senso che magari una persona normale dai magistrati si aspetta sempre un comportamento come quello di Di Matteo. Ma chi invece conosce un po’ di cose della magistratura, e ha visto come si comporta di solito il partito dei Pm, sa che non è così, lo sa già da prima di aver letto il libro di Palamara. Di Matteo è un’eccezione, e forse nessuno si aspettava che potessero finire nelle sue mani i verbali degli interrogatori segreti dell’avvocato Amara e che quindi tutta questa storia loschissima potesse diventare cosa pubblica.

È andata così. Con rabbia, penso, da parte di molti. Innanzitutto di Davigo (ex pm, ex capo dell’Anm, ex magistrato di Cassazione, ex membro del Csm, attualmente editorialista del Fatto Quotidiano) che pare sia furioso; ma poi anche da parte del procuratore di Milano Greco e di vari altri magistrati dei quali al momento non conosciamo i nomi, e di un bel numero di giornalisti del Fatto Quotidiano e della Repubblica che hanno fatto parte del gruppetto che ha tenute segrete le accuse di Amara, dopo aver pubblicato, negli anni, chilometri di documenti segreti e illegali e sputtanato la vita pubblica e privata di centinaia di persone.

Ora però restano alcune domande che sono molto inquietanti. La prima è questa. Come mai ieri Piercamillo Davigo è stato ascoltato dal procuratore di Roma come teste e non come persona iscritta nel registro degli indagati? Seconda domanda: cosa si sono detti Prestipino e Davigo? Terza domanda: perché si è avviata un’indagine ipotizzando il reato di associazione segreta e non associazione a delinquere? Provo a rispondere, seguendo la logica formale. La prima domanda può avere solo una risposta: Davigo non è ancora indagato perché Davigo non è una persona normale: è un esponente, seppure in pensione, della Grande Casta. E quindi ha diritto a grandi privilegi. Chiunque altro, nella sua condizione, sarebbe stato inquisito per almeno tre reati: favoreggiamento, per aver “favoreggiato” il Pm milanese che gli diede i verbali. Falso per occultamento, per aver occultato i verbali. Omessa denuncia, per non aver denunciato il reato del quale era a conoscenza. Mi sono tenuto stretto stretto, perché sono un garantista. Certo che se qualcosa di appena somigliante a quello che ha fatto Davigo l’avesse fatto un esponente della politica, magari senza immunità parlamentare, finiva dritto dritto in gattabuia.

Alla seconda domanda si può rispondere con un po’ di fantasia. Prestipino, procuratore di Roma la cui nomina è stata dichiarata illegittima dal Tar, avrà innanzitutto ringraziato il dottor Davigo visto che il suo voto a favore in Csm (che contraddisse tutte le dichiarazioni contro Prestipino dei mesi precedenti e costituì una svolta improvvisa e mai spiegata del davighismo) fu quello che permise la nomina di Prestipino sebbene i suoi titoli fossero decisamente inferiori a quelli degli altri concorrenti all’incarico. Chissà se dopo averlo ringraziato gli avrà poi rivolto domande imbarazzanti. Tutto è possibile, naturalmente, però, siamo sinceri: se davvero l’indagine su Davigo la dovesse svolgere la Procura di Roma la credibilità dell’inchiesta sarebbe parecchio sotto lo zero. Per fortuna sembra che, per ragioni formali, l’inchiesta si sposterà a Brescia.

La terza domanda è la più drammatica. Noi naturalmente non sappiamo se questa Loggia di piazza Ungheria esistesse, o esista, oppure se sia una invenzione. Tantomeno conosciamo i nomi dei partecipanti, se c’erano dei partecipanti. Però sappiamo una cosa: se questa Loggia esisteva ed era quello che l’avvocato Amara sostiene, il reato da ipotizzare non è quello di associazione segreta -come hanno stabilito i magistrati che indagano- ma è quello di associazione a delinquere finalizzata a corruzione di atti giudiziari, corruzione, traffico di influenze, turbativa d’asta. Perché invece si è scelto il reato di associazione segreta? Provo a indovinare. Il reato di associazione segreta prevede una pena massima di tre anni. E quindi esclude la possibilità di indagare con le intercettazioni. E anche, ora, con l’esame dei tabulati telefonici. Siccome chiunque conosca un po’ i fatti della magistratura sa che da molti anni le indagini si fondano esclusivamente sulle intercettazioni telefoniche e sui pentiti, e siccome la parola dei pentiti può essere usata a completa discrezionalità del Pm, che la giudica credibile o non credibile senza dover renderne conto a nessuno, e siccome non sarà difficile giudicare non credibili le accuse di Amara, in questo modo l’indagine sulla Loggia è già affossata. Cioè, non ci sarà. Finirà sotto la sabbia, come volevano Greco e Davigo. Se invece si indagasse per associazione a delinquere si potrebbero usare i tabulati, si potrebbe intercettare e tutto sarebbe più pericoloso. Ipotesi subito scartata. Pagherà solo il povero Storari, che certo di sciocchezze ne ha fatte parecchie, però, è chiaro, era mosso dalla volontà di scoprire la verità. Oggi, ai vertici della magistratura, chi vuole scoprire la verità non è visto di buon occhio. Va stroncato. Così come è stato stroncato il Pm Fava, che aveva commesso la somma sciocchezza di entrare in conflitto con Ielo e Pignatone.

5 Maggio 2021

Persino Travaglio è costretto a parlarne. Ma il Topocodardo tace

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