Archive for novembre, 2014

28 novembre 2014

Promemoria

In vista della prima della Scala, non fa male mettere qui l’edizione di riferimento del Fidelio, con Wilhelm Furtwängler che dirige Martha Mödl e  Wolfgang Windgassen, nell’ottobre 1953 (live). L’orchestra dovrebbe essere quella dei Wiener Philharmoniker, nonostante il parere contrario di un commentatore di YouTube. Quasi contemporaneamente, fu anche registrata un’edizione senza pubblico (non in studio, perché la sede era la Musikvereinsalle). La mia preferita è però questa. C’è poi un’altra edizione, registrata a Salisburgo nel 1950, che fruisce dell’impareggiabile apporto di Elisabeth Schwarzkopf, ma ha Julius Patzak nel ruolo di Florestano.

Metto giù queste note (certo di poco interesse per chi capiti qui) per mio promemoria, perché continuo a confondermi fra queste edizioni. Sospetto sempre che ce ne sia una quarta, e forse è così.

Il promemoria sonoro, invece, ha una funzione precisa: farsi l’orecchio in attesa del serial killer del 7 dicembre.

 

25 novembre 2014

Chicca

“Dopo due ore di lettura l’ho lasciato. Non succedeva niente, continuava a girare intorno al mancato bacio della buona notte da parte di sua madre. Non capisco perchè Proust sia diventato così famoso.”

Così una dolce Chicca nello spazio dei giudizi del sito di Amazon, a proposito della Recherche. Magari ha ragione lei, e la recherche è una Corazzata Potemkin.

22 novembre 2014

Rattalino su Yves Nat

Scrivendo il breve post su Yves Nat, mi era rimasta una certa insoddisfazione, come una questione aperta, a proposito di “staccato” e“legato” . Ascoltando il Beethoven di Nat, ciò che colpisce è il suo staccato: ma anche il suo legato è superbo, sebbene più difficile da definire. Sono andato a cercare un giudizio di Piero Rattalino (“Pianisti e fortisti”, Firenze 1990) e, non sorprendentemente, ho trovato la sua geniale descrizione di questo fenomeno. Rattalino è il maggiore esperto di pianoforte, non solo italiano. Anche lui coglie che i tratti salienti sono staccato e legato, il che mi lusinga, ma lui ne dà una spiegazione di suprema e convincente eleganza:

 

[…] Se questo è lo spirito con cui Nat affronta Beethoven, il suo segno è, necessariamente, a punta secca, e il suo colore è campi­to in modo netto e lucido. La base stilistica di Nat è lo staccato; il suo legato, per così dire, è uno staccato lungo e, spesso, lavora­to con il pedale di risonanza.

Non sto, spero, facendo dei paradossi. Ciò che intendo dire sarà forse meglio compreso se si considera che staccato e legato – già Clementi lo sapeva, come dimostra il suo Metodo – non esprimono soltanto concetti di durata, ma di diversa timbrica. Il tratto stilistico sempre dominante nel Beethoven di Nat, anche nelle melodie espressive degli adagi, resta l’incisività dell’attacco del suono, spinta non di rado fino alla metallicità, talora fino al­la sgradevolezza. Il pedale, “una corda”, che ammorbidisce e sfuma, viene poco usato, il pedale di risonanza è impiegato con tecnica sopraffina, mai tenuto però a lungo. Nat, che non ama i colori pastosi e vaporosi, ama invece gli effetti di risonanza co­me riflessione, come eco, come colore “freddo”, spingendosi talvolta – nel finale della Sonata op. 31 n. 2, ad esempio – fi­no a ritardare l’entrata del pedale per cogliere soltanto il residuo spettrale del suono violentemente staccato. Malgrado qualche secondario punto di somiglianza con Schnabel e con Backhaus, un Beethoven così non lo si sente, e forse non lo si era mai sentito da altri.

4 novembre 2014

Maxwell’s silver hammer

Qui l’avverarsi della profezia