Archive for novembre, 2017

30 novembre 2017

L’automobilista è nel terzo millennio, ma le società di car sharing sono ancora nel secondo

Ritenevo di essere un automobilista del terzo millennio, visto che in città mi muovo prevalentemente con le auto in car sharing.  Perciò dal 2012 mi sono iscritto a quattro società di questo tipo. Il risultato non è brillante:

  • Una è fallita. Perciò non la uso più.
  • Un’altra mi ha messo una “multa” (loro la chiamano penalità) per divieto di sosta. Sarei stato ben disponibile a pagare la multa se spiccata da un vigile, ancorché romano. Invece no: sono loro che girano con la macchina fotografica, fotografano le infrazioni dei propri clienti, e poi, in base a una clausola contrattuale, ti chiedono 50 euro di penalità. Perciò non la uso più.
  • Un’altra mi ha attirato con una tariffa stracciata, salvo, dopo un anno, aumentarla del 50%. Avrei anche potuto sopportare, ma poi hanno detto che mi avrebbero concesso uno sconto sulla base delle mie risposte a un questionario. Il questionario era composto di una sola domanda, a scelta multipla. L’imprevedibile domanda era: perché usi il car sharing? Io ho scelto: per la flessibilità. Potevo scegliere: perché costa poco, perché si inquina meno, perché si può parcheggiare sulle righe gialle, ma invece ho scelto per la flessibilità. Risultato: due centesimi di sconto al minuto. Perciò non la uso più.
  • La quarta è più seria, visto che è tedesca. Più cara, ma meglio. Andava tutto bene, finché la banca non mi ha rinnovato la carta di credito, che andava in scadenza. E lì è iniziata la persecuzione. La loro amministrazione, centralizzata a Stoccarda, non riesce a addebitare la carta di credito rinnovata. Il sistema ha un baco (infatti ho visto molte lamentele dello stesso tipo sulla app), ma il servizio clienti italiano non ha il coraggio di dirlo ai padroni tedeschi. Morale: sono stato molestato e minacciato perché pagassi 6 euro per bonifico internazionale, con la prospettiva di essere molestato nello stesso modo a ogni fattura futura. Perciò non la uso più.

Ho tirato fuori la macchina dal garage. Sono di nuovo un automobilista del secondo millennio.

 

16 novembre 2017

Anche la tolleranza ha un limite

Non posso certo definirmi un esperto di musica leggera. Diciamo anzi che la mia ignoranza in materia è grande. Riesco solo a capire che, rispetto agli archetipi anglosassoni, i cantanti italiani sono molto più in basso. Stavo aggiungendo un prudenziale “mediamente”, ma poi mi sono venuti in mente vari personaggi, e ho soprasseduto.

La mia dichiarata ignoranza, nonché il giudizio negativo sugli “artisti” italiani, non mi impediscono di essere molto tollerante, specie verso gli utenti. Vogliono ascoltare quella roba? Liberi di farlo, e di infarcirne i loro profili di social network. Certo, se abitassi vicino a uno stadio dove fanno concerti, sarei un po’ più critico. Ma, tutto sommato, ringrazio la tecnologia che ha sviluppato cuffie leggere e di qualità, per cui chiunque può intontirsi senza intontire.

La mia tolleranza è estesa a concerti, tournée, festival, eventi  e quant’altro. Lo stesso concerto dei Pink Floyd, che riempì Venezia di immondizia, mi turbò poco, e anzi mi si fece apprezzare per il fall-out positivo rappresentato dalla canzone dei Pitura  Freska (le canzoni umoristiche fanno eccezione, e mi piacciono, specie se in dialetto). Poi, se vengono i Rolling Stones, o Vasco fa il concerto di addio, o se una band blasonata va in tournée, chi sono io per giudicare?

C’è poi l’aspetto sociologico. Qualche anno fa capitai a Praga in un albergo vicino allo stadio, in coincidenza con un concerto degli Iron Maiden. Fu molto interessante guardare il pubblico in avvicinamento allo stadio: tristi ultraquarantenni fasciati di pelle nera e borchie, con tatuaggi ormai stinti sui bicipiti. Tristi a vedersi, e ancor più tristi nei pensieri che provocavano, riassumibili in una frase: “cazzo, questi sono più giovani di me”.

Persino le  patetiche esibizioni di Al Bano, qualcuna addirittura con Romina, mi provocano più che altro tenerezza. Parlano di una generazione che si è affrancata dalla miseria, se non dall’ignoranza, e si è speranzosamente ispirata a un modello di riscatto popolaresco e, in fondo, abbastanza genuino nella sua pacchianeria.

Ecco: quella che precede è solo una premessa. Perché vedo la pubblicità di una tournée di Gianni Morandi, e tutta la mia tolleranza, puff, è finita. Qui lo dico e lo dichiaro: chi compra il biglietto è persona poco pregevole. Meno pregevole se ha l’ingresso gratuito.

10 novembre 2017

Il destino delle volpi

Diceva il sig.Craxi che il destino delle volpi è finire in pellicceria. Concordiamo, a costo di finire nel mirino della sig.ra Brambilla.
Adesso che il disegno delle volpi è chiaro (mettere il sig.Draghi, con l’aureola di eroe, a fare il premier) si spiega meglio l’accanimento terapeutico nei confronti del sig.Visco (che, affondando, si sarebbe tirato dietro Draghi) e le carezze date al sig.Gentiloni, perfetto pontiere. Si spiega altresì l’improvvisa severità del sig.Renzi nei confronti del Governatore di Bankitalia, che da anni sonnecchiava senza che nessuno turbasse i suoi sogni. Il sig.Renzi si è finalmente accorto di quale sia la minaccia, dopo un anno intero passato a curarsi le ferite usando l’acido muriatico. Piano piano, capirà che ha perso un paio di occasioni non ripetibili per fare il suo partito in posizione di forza. Sarà probabilmente costretto a farlo in condizioni di debolezza, appoggiandosi a destra.
Ma torniamo alle volpi. Vista la loro statura tattica e strategica (parliamo di gente come Bersani, Boldrini, Grasso, Napolitano, Civati, Speranza, Orlando, Gentiloni, per tacere dei giovani turchi che salteranno al momento giusto sul carro) la pellicceria è un destino più che certo. C’è un’unica vera volpe (nel senso che non si fa catturare) ed è il sig.Amato. Ma da solo non riuscirà a salvare le altre, anche perché è bravo a salvarsi, non a salvare.
(Va da sé che, in tutto questo, il destino degli italiani non interessa a nessuno).

9 novembre 2017

Ad uso di eventuali spioni

PREMESSA

Non me ne frega niente del defunto Cardinale Caffarra, e anzi non sono neanche molto sicuro che la sua anima sia ancora in giro, né, nel caso lo fosse, ho certezze riguardo alla sua ubicazione iN Paradiso, Purgatorio o Inferno.

Per me è solo un prete morto.

TUTTAVIA

Poiché risulta che rimpiangere o anche parlar bene del defunto Cardinale Caffarra renda triste Sua Santità;

poiché risulta che parlar bene del suddetto cardinale, ancorché defunto, sia proibito nei pressi dello Stato della Città del Vaticano;

poiché risulta altresì che la Polizia di Stato di Roma sia costretta a dedicarsi all’importante compito di reprimere le manifestazioni di consenso al defunto Cardinale Caffarra, tralasciando altri compiti che al comune cittadino sembrerebbero prioritari;

poiché risulta anche che ci sia chi monitora ogni angolo della Rete, alla ricerca di parole-chiave che possano configurare pericolosità;

poiché, in base a quanto sopra, certamente Caffarra è una parola-chiave, specie se accompagnata a termini elogiativi,

consapevole delle responsabilità e dei rischi

DICHIARO:

VIVA IL CARDINAL CAFFARRA!

 

 

 

 

2 novembre 2017

Il ponte

ponte

Nel momento in cui Sua Santità lancia ponti e non muri verso le altre confessioni cristiane, può essere interessante leggere il testo del Comunicato congiunto della Commissione mista di Esperti croati cattolici e serbi ortodossi per una rilettura in comune della figura del Cardinale Alojzije Stepinac, Arcivescovo di Zagabria, emesso alla fine dei lavori il 13.07.2017.

Non starò qui a esprimere valutazioni sulla figura del sig. Stepinac. Ricordo solo che è stato beatificato dal sig.Wojtyla, e che altri lo accusano di collaborazionismo coi nazisti e con gli Ustascia.

Il testo del comunicato non è lungo. La maggior parte di esso è dedicata a elencare i membri, a ringraziare il Papa per avere permesso di costituire la commissione, a compiacersi per “il clima cordiale”, a riconoscere che il Vaticano può canonizzare chi vuole, a lodare il lavoro storiografico della commissione.

Bene. Le conclusioni sono confinate a due righe e mezza scarse, nelle quali, a parte le premesse, sono importanti solo le ultime tre parole: “Si è giunti alla conclusione che vari eventi, interventi, scritti, silenzi e prese di posizioni sono tuttora oggetto di interpretazioni varie. Nel caso del Cardinale Stepinac, le prevalenti interpretazioni date rispettivamente dai croati cattolici e dai serbi ortodossi restano ancora divergenti.”

Il ponte è stato lanciato, ma con ogni evidenza non è transitabile.