Agamben

La verità e la vergogna

Dopo quanto è successo negli ultimi due anni è difficile non sentirsi in qualche modo diminuiti, non provare – lo si voglia o no – una specie di vergogna. Non si tratta della vergogna che Marx definiva «una sorta di rabbia rivolta verso di sé», in cui intravedeva una possibilità di rivoluzione. Si tratta, piuttosto, di quella «vergogna di essere uomini», di cui parlava Primo Levi a proposito dei campi, la vergogna di chi ha visto accadere quello che non avrebbe dovuto accadere. È una vergogna di questa specie – è stato detto a ragione – che, fatte le debite distanze, proviamo davanti a una volgarità troppo grande, davanti a certe trasmissioni televisive, ai volti dei loro conduttori e al sorriso sicuro degli esperti, dei giornalisti e degli uomini politici che hanno consapevolmente sanzionato e diffuso la menzogna, la falsità e il sopruso – e continuano impunemente a farlo.
Chiunque ha provato questa vergogna sa di non essere per questo diventato migliore. Sa, piuttosto, come usava ripetere Saba, di «essere molto meno di quanto era prima» – più solo, anche se ha cercato amici e sodali, più muto, anche se ha provato a testimoniare, più impotente, anche se qualcuno ha ascoltato la sua parola. Una cosa, tuttavia, non ha perduto, anzi ha in qualche modo inaspettatamente guadagnato: una certa vicinanza a qualcosa per cui non sa trovare altro nome che «verità», la capacità di distinguere il suono di quella parola, che, se l’ascolti, non puoi non credere vera. Per questo e di questo egli può testimoniare. È possibile – ma non è sicuro – che il tempo, come vuole l’adagio, finisca col svelare la verità e dargli – chissà quando – ragione. Ma non è questo che la sua testimonianza ha messo in conto. A obbligarlo a non smettere di testimoniare è, piuttosto, proprio quella speciale vergogna di essere, malgrado tutto, un uomo – come, malgrado tutto, uomini sono anche coloro che, con le loro parole e le loro azioni, lo hanno costretto a provare vergogna

4 commenti to “Agamben”

  1. Durante la scellerata gestione della pandemia mi è capitato di leggere qua e là citazioni dal suo libro, che mi avevano convinta a scaricarlo e leggerlo, per poi trovare che quelle citazioni erano microscopiche oasi in un deserto di banalità e vuotezza.
    Anche questa logorroica “riflessione”, sinceramente, errori di grammatica a parte, la trovo del tutto priva di sostanza e ricca di scemenze, a partire dalla “vergogna” che secondo lui dovrei provare per il fatto di appartenere alla stessa specie di chi ha fatto e fa porcate. Il nulla in 1994 battute, da fare quasi concorrenza al topo.

    • Non starò a contraddirti sul terreno della vergogna, però il libro – se è quello del 2020 che contiene l’articolo rifiutato dal Corriere – al tempo fu l’unico rifugio di chi la pensava in modo diverso.

      • Anch’io sulla gestione di tutta la baracca la pensavo e la penso allo stesso modo, ma questo non mi basta per dire che “A che punto siamo?” sia un libro meritevole di essere letto e che valga l’esborso di 5,99 euro: semplicemente non è un libro bensì un’ammucchiata di parole e di frasi fra cui si trova ogni tanto qualche paragrafo di buon senso.

        • Quando WordPress era a misura di utente, avevo scelto la configurazione in tre colonne, che ho poi dovuto abbandonare perché rendeva illeggibili i post. Ho così perso la colonna di sinistra, nella quale spiegavo la funzione di questo blog. La ricordo qui di seguito.
          Da molto tempo uso copiare brani che leggo e mi sembrano interessanti. Un tempo ero costretto ad una attività da amanuense, in certi quaderni che poi ho in gran parte perso nei vari traslochi. Oggi, per fortuna, basta un copincolla. Questo blog ha principalmente rilevato la funzione di quei quaderni, con la caratteristica aggiuntiva che chiunque, se lo desidera, può accedervi. Non occorre dire che non sempre sono d’accordo con quello che copincollo. A volte neppure lo leggo interamente: ci metto un titolo che mi renderà facile rintracciarlo anche a distanza di tempo (per esempio, il nome dell’autore) e lo lascio lì a futura memoria. In genere è roba interessante, nel bene e nel male. Almeno, così sembra a me.

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