Con un lavoro da certosino ho ricostruito uno scritto di Giovanni Fanfoni pubblicato su twitter, lungo una dozzina di frammenti.
Emanuele Trevi nota come il politicamente corretto non vanti pensatori illustri e sia invece praticato da “burocrati accademici e ministeriali, studiosi studiose di second’ordine, studenti facinorosi, genitori con troppo tempo libero” twitter.com/La_Lettura/sta…
A parte l’ironia di quel “studiosi/e” con cui Trevi omaggia il politicamente corretto, egli sembra dimenticare che questa espressione nacque in ambienti conservatori per deridere gli intellettuali progressisti, che si guardano bene di farla propria
Se dunque dovessimo chiederci come chiamare più correttamente, o meglio ancora donde nasca, il c.d. “politicamente corretto”, penso che dovremmo guardare ai Gender studies gionata.org/cosa-sono-gli-… e ai Cultural studiculturali.it/dizionario/lem… e Postcolonial studiculturali.it/dizionario/lem… studies
Tali discipline nascono nella seconda metà del ‘900, a seguito delle devastazioni delle guerre mondiali, delle lotte di liberazione anticoloniali, dei movimenti per i diritti e femministi (fino alla c.d. terza ondata), della teoria critica della società e del post-strutturalismo
Il loro intento consiste nel rintracciare le forme più o meno occulte di giustificazione e perpetuazione dei rapporti di potere e dei pregiudizi del maschio bianco occidentale verso culture, generi, razze e lingue differenti, in letteratura, economia, politica, filosofia ecc.
Gli esiti sono spesso interessanti, nonostante gli eccessi, spesso involontariamente parodistici e quindi comici (che per l’appunto hanno prodotto il politicamente corretto). Tuttavia non mancano i problemi, che ne minano la validità.
Anzitutto, se ogni revisione critica della tradizione è certo benvenuta, oltre che inevitabile data l’evoluzione delle idee e dei costumi, occorre anche vedere come tale critica non sia piovuta dal cielo, ma sia stata resa possibile da quello stesso passato da cui prende distanza
Non si comprende poi per quali ragioni lo stesso atteggiamento critico (decostruzionista, genealogista, postmoderno) non debba essere rivolto a ogni tradizione, per quanto esotica ed eventualmente vittima delle discriminazioni della tradizione occidentale da cui si è partiti
In terzo luogo, risulta quanto meno ingenuo sedersi a una scrivania per passare al setaccio pregiudizi e ideologie senza chiedersi, prima o poi, come si sia giunti fino a lì: quali saperi e quali esperienze abbiano formato quel particolare punto di vista, anziché un altro.
Perciò càpita che lungo questa via si cada facilmente nell’anacronismo, per cui “la storia viene ridotta a morale, assumendo convinzioni e valori del presente come validi anche per il passato: ignorando il contesto e sostituendo alla comprensione il giudizio” Marcello Flores
Flores ricorda una mostra londinese che nel denunciare le atrocità dell’Impero britannico dimenticò la figura del politico W.Wilberforce, il quale riuscì a ottenere l’abolizione della tratta degli schiavi nel 1807. Peccato che poi si batté contro il diritto di voto alle donne.
Oppure, càpita che si pretenda di proteggere le menti del pubblico vietando le tragedie greche in quanto misogine, “secondo una concezione magica dell’azione censoria, per cui il Male viene abolito censurandone la rappresentazione, come nell’iconoclastia” @PierluigiBattis
Anacronismi (i Greci erano misogini), assurdi primati (il primo illuminista fu un monaco etiope del XVII s.) e ridicole rivisitazioni (Il suonatore di campane di Notre-Dame) che sembrano proposti più per attirare l’attenzione e fare carriera che per reale interesse scientifico.