Non è la prima volta che lo dico, ma il precoce declino di Antonio Polito è così triste che merita attenzione. Non che abbia mai meritato un Pulitzer, ma insomma, negli anni zero del secolo sembrava uno capace di analisi e aveva pure dato l’illusione, con la presa di posizione sul “riformismo”, di avere delle chance di tipo politico.
Ma qui, il declino non è paragonabile a quello di un politico: questo è un declino, come dire, fisico. Prendiamo il recentissimo pezzo intitolato “Il buonismo è finito. Ma il cattivismo di Salvini è meglio?”. Polito deve avere, prima di tutto, considerato che l’articolo doveva obbedire alla linea cerchiobottista del Corriere. Cos’è il cerchiobottismo? E’ la regola secondo la quale l’apparenza di obiettività viene dal dare un colpo a sinistra e uno a destra, benché si stia perorando una e una sola delle due cause. L’idea di Polito era, ai suoi occhi, di cartesiana chiarezza: volendo affossare Salvini, si devono fare critiche anche al campo avverso. A quel punto, l’illuminazione: un articolo che contrappone al “buonismo”, odiato da Salvini, qualcosa che sia il suo contrario…vediamo…qui ci vuole immaginazione…ecco! Il “cattivismo”.
E il povero Polito è partito lancia in resta, con un’articolessa che sarebbe ingeneroso commentare nel dettaglio. Piacerebbe però far notare all’ex-intelligente che “buonista” è definizione ironica, significando “ipocrita che si finge buono”, ossia: “cattivo”. Pertanto, il simmetrico neologismo “cattivista” non può che significare “buono”.